C’è una verità universale quando si parla di cucina, che unisce persone, filosofie, culture. Ovvero che nulla mai scomparirà dalle nostre memorie culinarie, se a sopravvivere sarà la curiosità. Di indagare, ricercare, fino a chiedersi “ma perché si chiama così?”.
Quante volte vi è capitato di chiedervelo di fronte a un piatto dal nome strano?
Oltre a riempire un ristorante fino a sentirne il suo nome circolare in città, la missione degli chef di oggi è - e sarà sempre - quella di mantenere accesa la curiosità di chi sceglie un posto in cui sedersi a mangiare. Per accogliere domande, sfatare dubbi e, perché no, risvegliare ricordi, attraverso un piatto e il suo nome.
Lo chef GIgi Perrone è da sempre affascinato da tutto ciò che riguarda la "cucina povera", tipica del territorio in cui siamo. La povertà della cucina non era assolutamente legata a una mancanza di gusto o creatività, anzi: alla base vi è l'estrema cura dei nostri avi nell'utilizzo di materie prime provenienti dai campi, dalle proprie coltivazioni.
Poca carne, pochi grassi, molte verdure e spesso, molto spesso, il recupero degli avanzi. Parliamo quindi di ricette “recuperate” che hanno un significato antropologico perché fin dalla loro prima elaborazione mettevano al centro l’importanza del “recupero” alimentare, inteso come riduzione degli sprechi delle materie prime e degli scarti.
Un concetto che prima era legato alle necessità, alla vita che si conduceva, alla frugalità. E che oggi viene recuperato per riscoprire il valore legato al concetto del riuso anche in cucina.
Alcune delle ricette recuperate, a volte rivisitate dal nostro chef, sono state raccolte in una piccola pubblicazione, disponibile presso il nostro ristorante.